Sorelle
gemelle a Pratola ed a Tomè
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Per
decenni, nessuna delle due ha saputo dell'esistenza
dell'altra.
Sono
serenamente vissute, superando i 100 anni di vita, l'una
in Sud America, l'altra in Europa.
Hanno
sempre pensato di essere uniche.
Soltanto
di recente hanno scoperto di avere una sorella gemella
(e forse, da qualche altra parte del mondo, di sorelle,
potrebbero averne altre).
Stiamo
parlando della fontana della Plaza de Armas, nella
cittadina cilena di Tomè e della fontana di Piazza
Garibali di Pratola Peligna.
Tomè
è una cittadina di cinquantamila abitanti. Vive
soprattutto di turismo e si affaccia sull’oceano
pacifico.
Le
fontane sono nate in Francia, sul finire dell’800,
nella fonderia della societé Anonyme del Hauts
Fourneaux e Fonderies du val D’Osne.
Poi,
appena realizzate, ognuna (per essere più precisi le
parti in ghisa di ognuna) ha preso la sua strada, ma il
loro destino è stato simile.
L'una
è stata posta nella piazza dedicata all'eroe dei due
mondi, Giuseppe Garibaldi, l'altra nella piazza
intitolata ad Arturo
Prat, máximo héroe naval chileno.
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Rolando
Saavedra Villegas e Vincenzo Pizzoferrato
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Di
esse, nel corso dei loro studi, si sono occupati due
appassionati di storia: Vincenzo Pizzoferrato, che ha
scritto un libro in cui si occupa, incidentalmente,
anche della fontana pratolana, ed il cileno Rolando
Saavedra Villegas, che, indagando sulle origini della
fontana di Plazas de Armas, ha scoperto la gemella
pratolana, complice anche la pubblicazione su www.concapeligna.it
di stralci tratti dal libro di Vincenzo
Pizzoferrato che riguardano la fontana francese di Pratola.
Entrambe
sono state testimoni ed hanno visto scorrere davanti ai
propri occhi i principali avvenimenti, politici,
economici, sociali, delle due cittadine. Piazza Garibaldi,
in particolare, è stato il palcoscenico di feste e
manifestazioni popolari, di comizi politici, di incontri e
di scontri. Su di essa si affacciava il Vecchio Palazzo
Municipale, la sede della democrazia cristiana, dove tutto
si decideva, e del movimento sociale italiano, dal cui
balcone parlarono i più suoi più importanti leaders.
Plazas
de Armas sembra, invece, più tranquilla, con le sue
panchine, il prato verde e gli alberi che circondano la
fontana.
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Belle e
moderne
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In
comune le due fontane, oltre che il destino e la paternità
francese, hanno anche un’altra qualità: sono davvero
belle, e, per l’epoca, modernissime.
Solo
quarant’anni prima, infatti, alla prima Esposizione
universale di
Londra, nel
1851, furono presentati, per la prima volta, a
scopo ornamentale e funzionale sistemi di
illuminazione, segnaletica, panchine, fontane,
tutte fabbricate in ghisa dalle più
grandi fonderie dell’epoca.
Negli
anni successivi, inoltre, cominciarono a diffondersi i
primi cataloghi commerciali delle aziende produttrici di
attrezzature urbane, con l’indicazione dei prezzi e
talvolta
anche con dettagliate descrizioni tecniche. Con la
rivoluzione industriale, dalla produzione del pezzo
singolo si passa alla produzione di serie, si affermano
nuove modalità di distribuzione dei prodotti ed i mercati
diventano sempre più ampi. Per questa ragione, le
fontanen potrebbero essere più di due.
Quella
della Société Anonyme des Hauts-Fourneaux &
Fonderies du Val D'Osne fu una delle fonderie più
importanti, che si caratterizzò per l’alta produzione e
per la raffinatezza dei disegni.
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Le
fontanine nei rioni, l’acquedotto di Fonte d’Amore e
la fontana griffata
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Ma
a chi venne l'idea di ornare i principali punti di
incontro di Pratola e di Tomè, con una fontana in
lega
di ferro-carbonio,
della rinomata fonderia della Val d'Osne, per la quale
lavoravano, ha accertato al termine dei suoi studi il
professore cileno, Rolando Saavedra Villegas, disegnatori
e scultori come Marthurin
Moreau, Jacquemart, Louis Savageau, August Martin
e Henri Fréderic?
L’idea
venne all’allora giunta comunale di Pratola, che così
motivava la decisione: “il Parlamento cittadino sente la
necessità di formarsi anche in questa nostra terra, una
fontana per allontanare da noi le malattie che derivano
dalle pessime acque che da noi si bevono ".
Oltre
alla fontana, sulla base di uno studio di massima della
Società Italiana per condotte d'acque di Roma fu
realizzato anche l’acquedetto, era questa l’opera
principale, che portò l’acqua potabile all’interno
del centro abitato dalla sorgente di Fonte Santilli nei
pressi di Fonte d' Amore.
Furono
anche installate molte fontanine nei rioni.
L’esecuzione
dei lavori, racconta Vincenzo Pizzoferrato nel suo libro,
venne affidata a Ditte pratolane: quella di Fabrizi
Giuseppe fu Fabrizio, di De Nino Vincenzo fu Domenico,
Petrella Antonio fu Luigi e Di Cioccio Nicola di
Salvatore.
Un’opera
pubblica così importante, che cambiava la vita del paese
e permetteva ad un’intera comunità di compiere un
deciso passo in avanti verso la strada del progresso
civile, molto complessa sia da un punto di vista
amministrativo (espletamento di procedure concorsuale
tortuose ed insidiose, capitolati speciali di gara di
difficile stesura, stipulazione di diversi contratti di
appalto e d’opera professionale, procedimenti di
esproprio nei confronti dei numerosi proprietari di
terreni attraversati dall’acquedotto, contratto di
acquisto delle fontane ecc) che da un punto di vista
tecnico (Fonte D’Amore non è proprio a due passi),
aveva bisogno di un simbolo che colpisse tutti per la sua
bellezza e per la sua modernità. Aveva bisogno di un
monumento, da collocare nel cuore pulsante del paese.
Di
qui forse la decisione di acquistare la fontana di ghisa,
in sintonia con le nuove concezioni e teorie sull’arredo
urbano che adavano lentamente affermandosi in Europa. Di
qui la decisione di puntare in alto, acquistandone una di
particolare pregio,
firmata Société Anonyme des Hauts-Fourneaux &
Fonderies du Val D'Osne.
Nel
1892 la fontana in lega di ferro-carbonio
è già a Pratola, forse arrivata per treno (qualche anno
prima è stata inaugurata la strada ferrata Roma-Pescara)
Nel
giugno del 1894, primo ministro Francesco Crispi di una
Italia tormentata da una grave crisi sociale e nel pieno
del primo periodo (1880-1930) di forte emigrazione verso
le americhe (i bisnonni di Ruben Tofano del Barros, Pietro
Tofano e Maria Antonia Tarullo, lasceranno Pratola due
anni dopo, nel 1896, per raggiungere il Brasile, insieme
ai due figli), la fontana è già perfettamente
funzionante.
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La
leggenda tomecina del “trofeo
de la Guerra del Pacífico”
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A
Tomè la costruzione della fontana fu voluta da don José
Manuel Balmaceda, che governo il Cile dal 1886 al 1891. Ci
sono meno informazioni
sulle motivazioni. Anche perchè, a Tomè, per molti anni
si è creduto, come riferisce Rolando
Saavedra Villegas,
que
la pileta había sido traída desde el Perú, como trofeo
de la Guerra del Pacífico.
Sicuramente
i motivi furono anche per i tomecini di enorme importanza.
Trasportare le parti in ghisa di una fontana in Cile
dall’Europa, a fine 800, senza poter attraversare il
canale di Panama, che unisce l'Oceano
Atlantico a quello Pacifico,
in corso di costruzione (sarà inaugurato solo nel 1920),
significava affrontare i rischi di un viaggio lungo e
soprattutto pericoloso dovendosi doppiare Capo
Horn, le cui condizioni climatiche sono spesso avverse e
tali da rendere pericolosa, ancora oggi, la navigazione in
quel tratto di mare.
Ma
quando le motivazioni di un’opera sono importanti ed
occorre dare, anche plasticamente, il segno che si sta
realizzando qualcosa di innovativo, tutte le difficoltà
diventano superabili. L’esperienza di Pratola e di Tomè
stanno li a dimostrarlo.
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Testo:
Fiorindo Carducci
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