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Dalla miseria nacque l'eleganza

 

Anche uno straccio può tornare a risplendere

Si dice, dei costumi popolari, che sono soprattutto pittoreschi e molto spesso il discorso finisce qui, quasi che all'uomo della città fosse dato di osservare quelli della campagna e della montagna come alieni, curiosi e magari divertenti, ma in ogni caso inferiori: e non è giusto. Diverso, infatti, è il punto di vista da cui considerare il costume. Un primo dato riguarda l'economia, cioè la possibilità pratica di procurarsi i materiali necessari alla confezione: sarà dunque su questa base che prenderà forma il modello, e non viceversa, come accade nella moda cittadina. In Abruzzo questo limite è ancora più stretto che in altre regioni italiane, perché le risorse sono sempre state minori: e si tratta soltanto della materia prima perché tessitura, tintura e confezione avvengono in assoluta autarchia. Ogni casa ha il telaio e i calderoni di rame dove le donne faranno bollire il tessuto con le sostanze coloranti delle erbe e delle bacche raccolte e dosate secondo secolari esperienze: e a questo punto non c'è che da tagliare e da cucire. Va tenuto poi conto anche di un altro dato, fondamentale dell'economia contadina che tutto conserva perché tutto può in qualche modo servire ancora: è il caso dei ritagli di tessuto avanzati da precedenti lavorazioni o, più spesso, recuperati da indumenti ormai inutilizzabili come tali, ma in piccola parte disponibili per altre destinazioni. È soltanto considerando tutti questi passaggi obbligati che si può valutare l'ingegnosa creatività con cui una cultura economicamente poverissima ha saputo creare costumi di straordinaria ricchezza anche nell'esteriorità, e non soltanto nell'interiore armonia: muovendosi in un segreto che talvolta ha disorientato gli studiosi, come quando hanno cercato di spiegarsi perché le donne di Scanno vestivano in nero, colore del lutto. Mentre la ragione era molto più semplice e meno funesta: il nero attira il calore, come si conviene alle quote più alte, e se ne può fare a meno più in basso, dove anzi - come a Pettorano e a Introdacqua - bisogna difendersi dal sole e allora si ricorre a scialli di candido lino.

 Alfedena

Il costume sfoggia ricche guarnizioni nella manica e nella pettorina, che sono ricamate in fili d'oro. La cintura del grembiule, verde come l'orlo, passa sul dietro e s'annoda davanti ricadendo sul rosso.

 Scanno

Costume del borgo, in blu 

e in rosso: un altro più 

pratico, era quasi tutto 

nero per attirare il calore.

 Tagliacozzo

Il costume qui rinuncia alle maniche sovrapposte, lasciando libera la camicia: su due gonne, 

il grembiule

 Villa Pianezza

È uno dei più eleganti costumi abruzzesi, chiaramente ispirato al modello francese con sopragonna a sbuffo.

 

 Roccacasale

Antico costume femminile di Roccacasale. Il fazzoletto sul capo è finemente ricamato.

 Il Brigante

È una figura regionale leggendaria per 

coraggio e ferocia. 

Ma sul petto ha 

sempre il crocifisso

Villa Badessa

Brigante o soldato lealista non si sa: il costume ripete, comunque, il modello albanese della comunità giunta da Tirana.

 Lo zampognaro

Ha un costume regionale uguale dovunque con farsetto in pecora, cappello a cono e pantaloni al ginocchio.

 Il pastore

Anche questo è un costume regionale, comune a tutti i paesi.

 Il corpetto è senza maniche, ma allungato fino al ginocchio.

 

Le immagini dei costumi qui pubblicate fanno parte di una importante raccolta di stampe del signor Vincenzo Accardo, raccolta che il Comune di Sulmona ha intenzione di acquistare come primo nucleo di un futuro museo delle arti e tradizioni.

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