a

Antonio De Nino

Antonio De Nino, nato a Pratola Peligna il 15 giugno 1833, fu maestro elementare, poi nominato professore "onoris causa" per la sua competenza letteraria, storica, archeologica, filosofica, didattica  ed  artistica. Divenne quindi Direttore della Scuola Tecnica di Sulmona.

La sua attività di maggior pregio fu lo studio del folclore abruzzese, che sfociò nella poderosa opera in sei volumi "Usi e costumi abruzzesi". Scrisse anche novelle e fiabe e fu collaboratore di molte riviste letterarie.

Promosse gli scavi dell'antica Corfinium e raccolse i reperti in un museo.

Fu stimato amico di uomini illustri abruzzesi, dal D'Annunzio al Michetti,  italiani, Dal Manzoni al Tommaseo, e stranieri, dal Mommsen al Bompois.

Morì a Sulmona il primo marzo del 1907.  

( Ampie informazioni sull'autore le trovi nel sito di Pratola Peligna, link Personaggi.)

 Le ranocchie a Giove 

 I giorni della vecchia

concapeligna.it Tutti i diritti riservati

Indietro

copyright © 2000

Agenzia Web De Pamphilis - Offerta Spesciale Siti Internet

Le ranocchie a Giove.

Nel fondo di un pantano, la regina delle ranocchie cominciò a gracidare

per chiamare a raccolta il suo popolo.

         Quah! quah! quah! quah! Venite qua a me dintorno.

E tutte risposero: - Eccoci quah! quah! quah!

Allora la regina prese a dire: - Giove ci fece un bel dono;

ci diede una parlantina che nessun altro animale ha; ma non

ci diede i denti. Sentendo venire alcuno contro di noi, noi pos-

siamo gridare a coro per spaventarlo; ma, se il nemico non si

spaventa, possiamo forse difenderci coi morsi? No: allora siamo

costrette a fuggire. Se questa non è una condizione deplorevole

non so quale altra sia. Io dunque vorrei che tutte ricorressimo

a Giove, supplicandolo a darci i denti per nostra difesa. Siete

quah! tutte per approvare? - Risposero ad una voce:

-Quah! quah! quah! quah! Approviamo.

La regina si mosse e la popolazione delle rane la seguì.

Vennero tutte a galla, col musetto fuori dell'acqua.

A un certo cenno della regina gridarono:

 - Quah! quah! quah! quah!

Voi ci vedete tutte quah per supplicarvi, o Giove, padre nostro.

Giove, a sentire quel baccano, si affacciò da una nuvola e

abbassò la testa. Gli venne subito da ridere, vedendo quei mu-

setti per aria; ma, per farsi rispettare, si contenne.

Rispose, adunque:

-Che volete?

La regina impose silenzio alle suddite. Tutte chiusero la

bocca, ad eccezione delle ranocchiette, che non capivano.

La regina disse:

-Giove, padre nostro, noi vi siamo obbligate di tanti

benefici; ma adesso ce ne dovete fare un altro: ci dovreste

dare i denti per difenderci dai nemici.

Giove, lì per li, voleva rispondere:

Avete ragione, la grazia vi sia fatta.

Ma poi ci ripensò e diede questa sentenza:

-Non vi posso servire! Se voi così senza denti date fastidio

a tutti, che cosa fareste se aveste anche i denti? Dunque, riti-

ratevi in buon ordine!

Le rane non si volevano persuadere e ricominciarono a

squarciagola: -- Quah! quah! quah! quah!

E Giove:

- Finitela, brutte ciarliere. Andate.

Giove, stando allo scoperto, tra quella nuvola, cominciò a

sentire un po'di freddo umido, e fece uno starnuto divino,

cioè rimbombante... Le rane credettero che Giove avesse sca-

gliato contro di loro qualche fulmine e si ritirarono a precipizio,

nel fondo del pantano tutte silenziose; silenziose anche le ranoc-

chielle.

Se ì chiacchieroni e le chiacchierine potessero adoperare

anche la forza, addio pace del mondo! Ma la Provvidenza ha

fatto le cose giuste. Generalmente, dove è più lingua, là è meno cuore.

Inizio

I giorni della vecchia

 

La vecchierella beffeggiava marzo dicendo:

 

Marzo, mio marzetto,

L'agnello mio ha messo già il cornetto.

 

E voleva dire che l'agnello era cresciuto e non aveva più paura

dei freddi. Marzo però rispose:

 

Ma se, ci ritorno,

Tutto, lo disadorno,

 

Cioè: se prolungo i miei freddi, l'agnello tuo, perde i cornetti

di cui si adorna e, insomma, addio bestiame e campagna!            

La vecchierella non temè la minaccia di marzo, perché

pensava fra di sé: - Domani entra aprile e comincia la stagione

dei fiori e la mia bestia non deve più temere niente.

E seguitava a schernire marzo:

 

Marzo, mio marzetto,

L'agnello mio ha messo già il cornetto.

 

Marzo, non potendone più, disse ad aprile: - Vorrei con-

tinuare il mio mese: prestami tre giorni. - E aprile: - Prendi-

tene anche sei! - Marzo si prese quei sei giorni, continuò a

mandare freddo, e il tenero agnello si morì.

 

La lingua non ha osso,

ma fa rompere il dosso.

 

Inizio

          concapeligna.it Tutti i diritti riservati

  copyright © 2000