Festa Madonna 

della Libera

 Storia e Leggenda

Pràtola è nota - e non soltanto 

nell'àmbito territoriale peligno - come "il paese della Madonna". L'origine del culto verso Maria, qui profondamente radicato, trae origine dal leggendario rinvenimento di un quadro raffigurante la Vergine in atto di proteggere i devoti, fra cui il papa Celestino V, trepidamente raccolti sotto il suo manto. Il quadro si conserva nel Santuario, in una cappella apposita.

A trovarlo, agli inizi del 1500, sarebbe stato un tal Fortunato che, malato di peste, si era rifugiato tra i ruderi di una antica chiesetta campestre, nella borgata Torre, dipendenza del Comune di Pratola, alle falde del monte Cerrano, per attendere in un luogo sacro l'ormai prossima fine. Addormentàtosi, vede in sogno  una Donna bellissima, vestita di rosso e con un manto celeste, che si presentò come "Liberatrice", assicurando l'immunità dalla peste per lui e per tutto il popolo di Pràtola.

Lo stupefatto Fortunato, svegliatosi, intravide tra le macerie un occhio che lo fissava; scavò e vide affiorare via via una figura divina, che gli fece esclamare con fede: "Madonna, lìberaci". Informata del fatto, la gente accorse raccogliendosi in preghiera.

Poi fu deciso di portare l'immagine in paese, con un carro trainato da buoi. A questo punto, sarebbe sorta una contestazione da parte dei vicini sulmonesi (forse per l'incerta collocazione territoriale del luogo del ritrovamento), che volevano per sé la prodigiosa immagine. Si decise allora di risolvere la contesa, lasciando ai buoi la scelta del luogo verso cui dirigersi. I sulmonesi attaccarono al carro sette paia di animali, ma il carro non si muoveva. Si mosse, invece, al tiro dei soli due buoi attaccati dai pratolani, dirigendosi verso Pràtola e fermandosi (anzi 'impuntandosi', secondo uno stereòtipo ricorrente) nel posto in cui poi sorse il Santuario.

Per la sistemazione della miracolosa immagine (cm.106 x 170, senza il riquadro), nel 1540 fu edificata una cappella, restaurata nel 1587, come si può leggere sotto il quadro in oggetto: QSTA CAPPLLA FV FATTA NELLANO 1540 ET RENOVATA PR IL POPVLO D PRATVLA NELLANO 1587 ATEPO D DOCO NOTARE ANDREA ET BERARDINO D GESMVNDO PROCVRATORI D S PIETRO, cioè: Questa cappella fu fatta nell'anno 1540 e rinnovata per il popolo di Pratola nell'anno 1587 al tempo di Domenico del Notaio Andrea e Berardino di Gesmundo procuratori di S. Pietro. L'affresco fu restaurato - se così si può dire - nel 1855, come si legge nella scritta aggiunta a quella sopra riportata e che suona: RESTORATA LA STESSA MIRACOLOSA ED ANTI[C]A IMMAGINE DI MARIA SS. DELLA LIBERA DA[I] PR[I]ORI DEL S.S. SAGRAMENTO LUIGI PETRELLA ROCCO TARANTELLA PIETRO DI NINO NEL 1855.Un'ultima aggiunta dice: E NEL 1952 RESTITVITA ALLO STATO ORIGINALE DAL Prof. Enrico Vivio di Aquila. 

Tornando agli inizi della vicenda, non tardò molto che la cappella si rivelò insufficiente di fronte all'espandersi del crescente culto mariano, per cui si rese necessaria la costruzione di un tempio adeguato all'afflusso dei pellegrini, attratti dai prodigi effettuati dalla Madonna; per questo, nel 1851, il vescovo sulmonese Mario Mirone con una solenne manifestazione benedisse la prima pietra del meraviglioso tempio che ancora oggi ammiriamo. Il complesso sacro era stato ideato dall'architetto Eusebio Tedeschi (Pràtola, 1815 - Napoli, 1848), assai noto negli ambienti napoletani; esso fu realizzato dopo essere stato messo da parte in un primo momento, per il presunto eccessivo costo di realizzazione. Tutto il popolo pratolano contribuì, in un modo o nell'altro, al progresso dei lavori, sull'esempio dato da don Domenico Santilli, parroco dell'epoca, che dalle falde del Morrone trasportò a spalle un pesante sasso fino a Pràtola. Non si conosce la data esatta della conclusione dei lavori, ma essa può essere posta intorno al 1860 dal momento che la data 1858 compare incisa su una pietra dei muri più alti della facciata. Inoltre è documentato che nel 1863 il Parroco di Castelnuovo, Don Francesco Tozzi vi predicò il Quaeasimale.

Photo © Gabriel De Pamphilis

Disegni: Benny

Testo: Prof. Rino Panza

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