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Fauna
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Ragioni legate alla presenza
a volte invadente dell’uomo, oggettive necessità di sopravvivenza,
istinto di autodifesa secondo antichi canoni, caccia praticata per il
gusto di uccidere hanno determinato nei tempi la progressiva rarefazione,
a volte l’estinzione di specie animali che un tempo erano naturali
abitatrici dell’Appennino. Nel vasto e articolato mondo naturale che il
Parco mira a proteggere, oggetto di particolarissima importanza sono
proprio alcuni animali e, specificamente, tre di essi: l’orso bruno
morsicano, il camoscio d’Abruzzo e il lupo
appenninico. Per ciascuno di questi animali il Parco ha istituito
organismi di sensibilizzazione, dibattito e vigilanza: sono i gruppi
denominati Lupo Italia 1974, Camoscio Italia 1978.
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e Orso Italia (1983).
La difesa di queste specie,
che dapprima era una e propria lotta per la sopravvivenza contro la minaccia
di totale estinzione, si avvia verso una fase di vigile soddisfazione.
Pregiudizi e disinteresse non sono cancellati, ma hanno subito un sensibile
cambiamento, anche perché il Parco, oltre che con armi legali, ha
cominciato ad operare con altri metodi, come il risarcimento del danno. E
‘ inoltre cresciuta una forte sensibilità dell’opinione pubblica
sull’argomento, il che agevola molto le cose. E’ una battaglia che ha
ottenuto grossi risultati, ma che non si può dire vinta, a considerare
anche certe cronache che registrano tuttora l’uccisione di orsi o di lupi.
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Secondo calcoli forniti
dagli addetti al Parco sopravvivono ancora dagli 80 ai 100 esemplari di
orso morsicano e una trentina di lupi appenninici. I camosci, invece,
costituiscono una colonia di 400-450 esemplari. La necessità di garantire a
questi animali un ambiente vitale più vasto dei confini legali del Parco ha
consentito, sia pure tra non facili battaglie e tra non cessate
incomprensioni, l’ampliamento dell’area di protezione, esterna al Parco
stesso. Un provvedimento prezioso, che attende perfezionamenti, soprattutto
in alcune zone di altissimo valore ambientale, e con caratteristiche
specifiche e complesse del sistema ecologico. Un altro animale al quale si
dedica una particolare seppur difficile difesa è l’aquila reale, di cui
si contano non più di una decina di esemplari. Oggi si riconoscono nel
Parco 40 specie di mammiferi, 300 di uccelli, 30 di rettili e anfibi.
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Tra
gli ospiti illustri il cervo (500-600 esemplari), il
capriolo (100-150 individui) e lo scoiattolo meridionale, un
simpatico e divertente roditore, che si caratterizza per il pelo nero e
lucente, il ventre bianco e la rigogliosa coda. E ancora volpe, gatto
selvatico, martora, donnola, puzzola, tasso. L’avifauna, a parte la
splendida aquila cui s’è accennato, annovera diversi rapaci: il falco
pellegrino, il falco lanario, la poiana, l’astore tra i diurni; il gufo
reale, il barbagianni, la civetta, l’assiolo, il gheppio tra i notturni.
Sono, tra gli altri, abitatori della foresta ghiandaia, picchio dalmatino,
molto raro, colombaccio, picchio muraiolo, gracchio alpino e corallino,
culbianco, codirosso, coturnice. Le zone umide danno habitat al germano
reale, all’airone cinerino, allo svasso maggiore, al pignattaio, alla
ballerina bianca. Tra gli anfibi, infine si possono annoverare la
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salamandra pezzata, il tritone
crestato, la salamandrina degli occhiali. Non si può chiudere questa
nota, infine, senza accennare a due animali “mitici”: la
lontra, che, un tempo presente in abbondanza, è ormai ridotta a
recessi non frequentati di corsi d’acqua e laghi; e la lince, un animale
ormai non più presente, ma che una attenta ricerca di Franco Tassi (La
lince nell’Appennino centrale, 1971) ha consentito di estrarre dal
mondo della fantasia popolare e di riportare entro i limiti di un
insediamento antico e provato.
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