11 maggio 1933. Dalle presse della tipografia esce il libro “Torce nella
notte”, destinata a raggiungere ancora una volta uno scelto stuolo di lettori
appassionati. Soltanto poche ore dopo, a pochi isolati si spegne la vita
dell’autrice del libro – Virgilia D’Andrea - stroncata da un male
incurabile che in poco tempo ha trasformato la sua vita attiva in un calvario di
spine. Una vita intrisa di attivismo e impegno sociale.
Era nata nel 1888 a Sulmona, Virgilia D’Andrea e visse in Abruzzo gli anni
della sua infanzia. Orfana di madre a poco più di sei anni anni, nello spazio
di pochi mesi il suo mondo sparì letteralmente sotto i suoi occhi. Dopo poco
tempo Virgilia perse infatti anche il padre, ucciso per futili motivi amorosi
dalla seconda moglie, e i suoi due fratelli, ritrovandosi completamente sola.
Venne ospitata per anni in un collegio religioso dalla disciplina rigidissima.
Una esperienza umana che lascerà per sempre il segno sulla pelle e nel cuore
della giovane.
Virgilia si appassionò alla letteratura e trovò conforto nelle poesie
maturando anche il disprezzo per la regole rigide. Conseguito il diploma
magistrale, la ragazza si rifugiò ancora di più nello studio e affinò la sua
sensibilità. L’omicidio di Re Umberto per opera dell’anarchico Bresci entrò
nella sua vita con una deflagrazione devastante. A quel gesto criminale,
Virgilia D’Andrea legò il suo personale riscatto sociale contro tutte le
imposizioni regolamentari, nonostante (o forse proprio a causa) gli
stravolgimenti informativi operati dal tam tam delle religiose.
Saranno questi gli anni in cui Virgilia avrebbe scoperto la poesia di Ada Negri
e attraverso le sue rime il vero motivo che aveva spinto Bresci all’atto
estremo: una ritorsione per aver massacrato degli innocenti. La scoperta della
giustizia sociale cambiò letteralmente la prospettiva delle cose. L’anarchico
Bresci divenne per la ragazza una figura mitica. Terminati gli studi e
l’Università, la D’Andrea iniziò ad insegnare e per alcuni anni restò
nella sua natia Abruzzo, vivendo in prima persona il catastrofico terremoto del
1915 che devastò la Marsica. Poche settimane dopo l’annuncio dell’entrata
in guerra nel Primo Conflitto Mondiale, Virgilia lasciò definitivamente
l’Abruzzo, e divenne una militante anarchica a tutti gli effetti. Nel 1917,
proprio durante una riunione clandestina dell’Unione Sindacale Italiana (USI),
indetta per riaffermare la posizione non belligerante dell’Italia, la ragazza
incontra Armando Borghi.
L’amore tra Virgilia e Armando fu intrisa di lotta. Le loro vite sentimentali
si intrecciarono fortemente all’impegno anarchico: L’abruzzese scriveva
articoli per «Guerra di classe», il giornale dell’USI, teneva conferenze,
venne imprigionata a Bologna e Milano , rimpiazzò Borghi nel ruolo di
segretario dell’USI (quando questi viene arrestato). Non perse però la sua
vena narrativa, Virgilia D’Andrea e durante gli arresti e i periodi in cella
scrisse poesie. Divenuta una delle strette collaboratrici di Errico Malatesta,
la maestrina abruzzese difese il movimento anarchico anche nei momenti di
massima crisi: l’assassinio di Karl Liebknecht e di Rosa Luxemburg,
l’insuccesso della rivolta spartachista in Germania, il fallimento
dell’occupazione delle fabbriche, la mancata rivoluzione sociale. Temi
dell’etica del terrorismo rivoluzionario affrontati anche nelle sue poesie e
in articoli raccolti nell’opuscolo L’Ora di Maramaldo. Nel 1922 D’Andrea
pubblicherà il suo primo libro dal titolo significativo: “Tormento”.
Sotto l’incalzare del fascismo, Virgilia e Armando Borghi iniziarono il loro
personale vagabondaggio trasferendosi prima a Berlino e poi a Parigi, dove
stazionarono per alcuni anni prima di attraversare l’Atlantico per approdare
sulle coste nordamericane.
Il capitolo statunitense, per Virgilia D’Andrea sarebbe diventato un libro a
se stante.
La giovane raggiunse l’amato Armando Borghi dopo due anni di separazione, con
il fisico già minato dal male che l’avrebbe uccisa, ma si gettò subito nella
mischia in favore della causa anarchica. Attraversò tutti gli Stati Uniti,
dalla costa orientale alla California, tenendo comizi e conferenze nelle
stamberghe, nei parchi pubblici, negli incontri all’aperto. In poco tempo
divenne la punta di diamante della comunità radicale italo-americana attraendo
alla causa numerose persone. La sua ferma convinzione nella lotta rivoluzionaria
la spinse a prendere le difese degli anarchici Severino Di Giovanni e Angelo
Sbardellotto, mentre a New York incontrò Michele Schirru, suo ammiratore.
Grazie al suo attivismo, e a quello di donne quali Angela Bambace, Tina Catania,
Antonetta Lazzaro, Tina Gaeta, Margaret di Maggio, Lucia Romualdi e Albina
Delfino, New York vide scendere in piazza ben 60mila lavoratori, in gran parte
donne, in quello che divenne il più massiccio sciopero degli anni della Grande
Depressione.
Il peggioramente della salute trasformò il 1932, nel momento cruciale della sua
vita. Sottoposta all’operazione chirurgica, eseguita per coincidenza dalla
figlia dell’anarchico Luigi Galleani, le riservò un responso spietato. La
vita le concesse un solo anno in più di vita. Nel 1933, morì, pianta da tante
persone: con Virgilia D’Andrea si spegneva una scrittrice, poetessa,
editorialista e propagandista della causa anarchica.
|