Made in Conca

   

Benvenuti a L'Aquila 

Da  vedere

Basilica di S.Maria di Collemaggio,

fu iniziata nel 1287 da Pietro da Morrone che sette anni dopo vi veniva incoronato papa. Venne edificata sul colle da dove partiva il Tratturo Magno che dall'Aquila conduceva a Foggia. Un radicale restauro, operato non senza polemiche alcuni anni fa, ha restituito la basilica alla severità delle sue strutture originarie che nel tempo erano state coperrte e vinte da pesanti addobbi barocchi. Oggi, ai visitatori, la chiesa si presenta completamente restaurata; l'originale facciata decorata a disegni geometrici con lastre bianche e rosa è arricchita da interessanti elementi architettonici. Il portale principale a due elementi ad ante aveva, in origine, due tabernacoli con statue. Oggi sono rimasti soltanto i tabernacoli. Splendido esempio di gotico florito, il rosone è costituito da un doppio giro di colonnine tortili e di archetti trilobati mentre la cornice è decorata da un motivo a foglie. Al tramonto la basilica, con le sue decorazioni bianche e rosa, acquista una colorazione davvero suggestiva. L'interno è diviso in tre navate con archi ogivali sorretti da pilastri ottagonali. Nel transetto due altari; quello di destra conserva una terracotta opera di Silvestro dell' Aquila, allievo di Donatello. In fondo alla navata di destra si trova il mausoleo di San Pietro Celestino contenete le spoglie del santo. Il mausoleo, realizzato da Girolamo da Vicenza nel 1517, veniva profanato nell'aprile del 1988 da alcuni malfattori che trafugavano le spoglie del santo; quando già si cominciavano a organizzare comitati per eventuali collette tra i cittadini, le reliquie venivano ritrovate, qualche giorno dopo, abbandonate in un piccolo cimitero presso Rieti. Lungo la parete di destra si possono ammirare tre affreschi, il primo con la Madonna, Sant'Agnese e Santa Apollonia; al centro Dormitio Virginis e Incoronazione; nell'ultimo la scena di una crociffissione.

Un discepolo di Bernardino da Siena, Giovanni da Capestrano, nel 1454 volle e iniziò la basilica di San Bornardino. Alla basilica si può arrivare sia da via San Bernardino sia da via Fortebraccio, a porta Bazzano; la seconda ipotesi è più faticosa ma infinitamente più suggestiva. Salendo da porta Bazzano lungo la caratteristica via Fortebraccio, la chiesa appare ail'improvviso, lassù, inerpicata sul colle, in cima alla lunga scalinata, con la sua dura geometria che ben si associa all'idea delle prediche non meno dure dell'uomo venuto da Siena per morigerare i costumi dei peccatori ma anche della Chiesa. 

La facciata di Cola d'Amatrice, spartita in tre ordini sovrapposti di colonne gemellate, restò miracolosamente indenne nel terremoto del 1703, ma il resto della chiesa crollò. L'interno, quindi, settecentesco, è caratterizzato dal gran soffitto in legno e oro zecchino realizzato, corse l'organo, da Ferdinando Mosca da Pescocostanzo; al centro il monogramma bernardiniano, tele del napoletano Cenatermpo riempiono gli altri campi. Nella navata di destra una bella pala di Andrea della Robbia. La cappella di San Bernardino contiene il mausoleo con il corpo del santo, anche questo realizzato, come quello di Celestino V, da Silvestro dell'Aquila, che fece anche quello di Maria Pereyra Camponeschi, visibile alla sinistra dell'altare principale. Così descrive l'impatto con il castello dell'Aquila Giorgio Manganelli nel suo Viaggio in Abruzzo: «Mole astratta, levigata, di dura geometria, forte di enormi sproni con angoli che sembrano lame, il castello, sebbene arrivato quassù tre secoli dopo la nascita della città, ne è divenuto la summa grafica, il colmo costruttivo, quasi lo stemma. Si ha l'impressione, mitica e dunque a suo modo vera, che L'Aquila si sia svolta tra castello e cattedrale, due luoghi di difficile nobiltà». Prosegue l'autore: «Ho scritto che il castello è 'arrivato'; e veramente ha qualcosa di metallizzato, l'immagine di una macchina impietosa calata aquilescamente dallo spazio». Questo è l'effetto primo che si ha guardando il castello, solida fortezza messa lì a bella posta per intimorire, consapevole precorritrice della strategia della dissuasione. Il castello doveva servire da monito e così è accaduto: infatti è bastata la sua presenza, poiché dal punto di vista militare non è stato mai usato. Oggi è sede della Soprintendenza ai monumenti e ospita istituzioni musicali, mostre e il Museo Nazionale d'Abruzzo che comprende varie sezioni, tra cui la Paleontologica che, nel bastione entrando a destra, espone l'Elephas meridionalis, un elefante fossile rinvenuto nei pressi della città. Molto interessante anche la sezione di arte sacra dove si possono ammirare affreschi di Andrea de Litio e altre opere, minori ma di pregevole fattura. 

Il castello è opera dell'architetto Pier Luigi Scrivà di Valenza, lo stesso che progettò castel Sant'Elmo a Napoli, ma i lavori vennero portati a compimento da Girolamo Scrivà. La costruzione, a pianta quadrata, presenta quattro corpi di fabbrica disposti attorno ad un cortile. Ai quattro angoli, protesi diagonalmente, quattro poderosi bastioni ad angolo acuto con un doppio ordine di cannoniere sistemate in maniera tale da presentarsi defilate al tiro degli assalitori e, nel contempo, in grado di rovesciare sui nemici che avessero raggiunto le mura un micidiale fuoco radente; a sostegno di queste, sul cordolo superiore, un'altra fila di cannoniere destinate al tiro d'offesa, incrociato, verso l'esterno. Un profondo fossato circonda la fortezza che è raggiungibile da un ponte a quattro arcate. Sul portale lo stemma di Carlo V e la data: 1543. La Fontana delle novantanove cannelle, monumento simbolo, basilica laica, anagrafica testimonianza della confederazione, documento prima del fatidico numero novantanove, sorge fuori della città, come volesse mantenere una distaccata, signorile neutralità nei confronti dei quattro quarti della città dell'Aquila. Novantanove cannelle, una per castello, come le chiese e le piazze che gli abitanti dei novantanove castelli fondatori si portarono appresso con le loro tradizioni, la loro storia e i loro costumi. La leggenda vuole che non si conosca la fonte che alimenta le acque delle novantanove cannelle: un altro omaggio alle neutralità in maniera che nessun castello potesse avanzare privilegi o vantare qualcosa in più degli altri. Attualmente la grande fontana è racchiusa per tre lati da alte pareti rivestite a scacchi bianchi e rosa e arricchite, alla base, da novantanove mascheroni che rappresentano teste virili, muliebri, frati, cavalli, leoni ecc. Alternati ai mascheroni, ornamenti floreali alleggeriscono il tutto. In origine la fontana avrebbe avuto una sola facciata, quella di fondo con il parapetto della vasca in pilastrini, opera di Tancredi da Pentima che, come ricorda una lapide, nel « 1272 fecit». Del Quattrocento è, invece, la parete in marmo bianco e rosa dove è murato lo stemma cittadino. Il fontanile di sinistra opera di Alessandro Ciccarone da Preturo, risale al 1582, mentre quello di destra, nettamente diverso dagli altri due, è stato aggiunto dopo il terremoto dei 1703, durante i lavori di restauro della fontana, completati, come testimonia la lapide murata sotto quella duecentesca, nel 1744. Proprio all'ingresso della fontana, di fronte, sorge la chiesetta di San Vito con un bel portale romanico. A via Santa Giusta, a due passi da piazza dei Duo- mo, palazzo Dragonetti Cappelli con uno dei cortili più belli della città attribuito a Silvestro dell'Aquila. Il palazzo è attualmente sede della filiale dell'Aquila della Cassa di Risparmio. Poco distante palazzo Centi, un altro gioiello sette-

centesco costruito su progetto di Loreto Cicchi da Pescocostanzo per la notissima famiglia aquilana; in piego stile barocco, seppure con elementi tardomanieristici, è arricchito, nella facciata, da un grosso balcone in stile borrominiano che sovrasta il grandioso portale. Che cosa dire poi del ri- nascimentale palazzo Franchi Cappelli in via Sassa con lo splendido cortile al quale si accede da una deliziosa porta ogivale. Mancano le parole: bisogna vederla e star lì, immersi nel grande silenzio che accomuna tutti i cortili aquilani. Santa Giusta va segnalata per lo splendido rosone tardogotico, caratterizzato da dodici figure a tutto rilievo, i telamoni, rappresentanti vari personaggi. 

La facciata a coronamento orizzontale fu eretta nel 1349, il soffitto in legno dipinto del presbiterio è stato aggiunto nel Settecento. Nell'abside centrale, un coro in legno in puro stile gotico. San Silvestro vanta sull'altare in fondo a sinistra una tela di Raffaello, copia della Visitazione che il pittore dipinse per il suo amico Branconio. I cieli di affreschi del Trecento e del Quattrocento che si trovano nell'abside sono stati recentemente restaurati. La Madonna del Soccorso presenta una facciata bicroma con marmi bianchi e rosa, eretta nel 1496 e all'interno, nella cappella di destra, si può vedere un altare di Andrea dell'Aquila. Molto bello il chiostro rinascimentale. 

San Pietro di Coppito, del XIII secolo, merita menzione per il portale fiancheggiato da due leoni; all’interno si trovano affreschi di scuola toscana coevi alla chiesa. Il duomo, San Massimo si erge in fondo alla piazza detta appunto piazza del Duomo. Fondato nel Duecento ma completamente rifatto dopo il terremoto, fu rimaneggiato nell'Ottocento e nuovamente ristrutturato dopo l'altro terremoto, quello dei 1915, che lo aveva seriamente danneggiato. All'intorno, all'incrocio tra la navata e il transetto, in alto, una tela con una finta cupola dipinta in prospettiva, opera di Venanzio Mascitelli. 

La chiesa di Sant'Agostino, eretta nel Settecento su disegno dei Fuga, ha una bella cupola ottagonale e l'interno, a croce greca, è arricchito da belle tele coeve. 

San Giuseppe è nota per il monumento Camponeschi qui conservato. 

L'opera, di Gualtiero d'Alemagna, è un pregevole esempio di transizione tra medioevo e Rinascimento ed è costituita da un'arca sostenuta da colennette tortili e sovrastata da un'edicola con la statua equestre di Ludovico Camponeschi. 

La cattedrale di Forcona, o meglio i suoi ruderi, si possono ammirare in località Bagno. Forcona fu sede di vescovado fino al 1257, quando Alessandro IV decise di trasferirlo a L'Aquila. Dell'edificio antico sono rimaste in piedi l'abside della cripta e il campanile. 

Santa Maria delle Grazie, in località Coppito, consacrata nel 1122 dal vescovo Dodone, conserva di quel periodo parte della facciata e le absidi. Bello l'architrave della porta laterale, ricavato, forse, da parte di un ambone del 1100.

 concapeligna.it  Tutti i diritti riservati

Indietro

Inizio

copyright © 2000

Agenzia Web De Pamphilis - Offerta Speciale Siti Internet