Un
discepolo di Bernardino da Siena, Giovanni da Capestrano, nel
1454 volle e iniziò la basilica di San Bornardino. Alla
basilica si può arrivare sia da via San Bernardino sia da via
Fortebraccio, a porta Bazzano; la seconda ipotesi è più
faticosa ma infinitamente più suggestiva. Salendo da porta
Bazzano lungo la caratteristica via Fortebraccio, la chiesa
appare ail'improvviso, lassù, inerpicata sul colle, in cima
alla lunga scalinata, con la sua dura geometria che ben si
associa all'idea delle prediche non meno dure dell'uomo venuto
da Siena per morigerare i costumi dei peccatori ma anche della
Chiesa.
La
facciata di Cola d'Amatrice, spartita in tre ordini sovrapposti
di colonne gemellate, restò miracolosamente indenne nel
terremoto del 1703, ma il resto della chiesa crollò. L'interno,
quindi, settecentesco, è caratterizzato dal gran soffitto in
legno e oro zecchino realizzato, corse l'organo, da Ferdinando
Mosca da Pescocostanzo; al centro il monogramma bernardiniano, tele del napoletano Cenatermpo
riempiono gli altri campi. Nella navata di destra una bella pala
di Andrea della Robbia. La cappella di San Bernardino contiene
il mausoleo con il corpo del santo, anche questo realizzato,
come quello di Celestino V, da Silvestro dell'Aquila, che fece
anche quello di Maria Pereyra Camponeschi, visibile alla
sinistra dell'altare principale. Così descrive l'impatto con il
castello dell'Aquila Giorgio Manganelli nel suo Viaggio
in Abruzzo: «Mole astratta, levigata, di dura geometria, forte
di enormi sproni con angoli che sembrano lame, il castello,
sebbene arrivato quassù tre secoli dopo la nascita della
città, ne è divenuto la summa grafica, il colmo costruttivo,
quasi lo stemma. Si ha l'impressione, mitica e dunque a suo modo
vera, che L'Aquila si sia svolta tra castello e cattedrale, due
luoghi di difficile nobiltà». Prosegue l'autore: «Ho scritto
che il castello è 'arrivato'; e veramente ha qualcosa di
metallizzato, l'immagine di una macchina impietosa calata
aquilescamente dallo spazio». Questo è l'effetto primo che si
ha guardando il castello, solida fortezza messa lì a bella
posta per intimorire, consapevole precorritrice della strategia
della dissuasione. Il castello doveva servire da monito e così
è accaduto: infatti è bastata la sua presenza, poiché dal
punto di vista militare non è stato mai usato. Oggi è sede
della Soprintendenza ai monumenti e ospita istituzioni musicali,
mostre e il Museo Nazionale d'Abruzzo che comprende varie
sezioni, tra cui la Paleontologica che, nel bastione entrando a
destra, espone l'Elephas meridionalis, un elefante fossile
rinvenuto nei pressi della città. Molto interessante anche la
sezione di arte sacra dove si possono ammirare affreschi di
Andrea de Litio e altre opere, minori ma di pregevole fattura.
Il
castello è opera dell'architetto Pier Luigi Scrivà di Valenza,
lo stesso che progettò castel Sant'Elmo a Napoli, ma i lavori
vennero portati a compimento da Girolamo Scrivà. La
costruzione, a pianta quadrata, presenta quattro corpi di
fabbrica disposti attorno ad un cortile. Ai quattro angoli,
protesi diagonalmente, quattro poderosi bastioni ad angolo acuto
con un doppio ordine di cannoniere sistemate in maniera tale da
presentarsi defilate al tiro degli assalitori e, nel contempo,
in grado di rovesciare sui nemici che avessero raggiunto le mura
un micidiale fuoco radente; a sostegno di queste, sul cordolo
superiore, un'altra fila di cannoniere destinate al tiro
d'offesa, incrociato, verso l'esterno. Un profondo fossato
circonda la fortezza che è raggiungibile da un ponte a quattro
arcate. Sul portale lo stemma di Carlo V e la data: 1543. La
Fontana delle novantanove cannelle, monumento simbolo,
basilica laica, anagrafica testimonianza della confederazione,
documento prima del fatidico numero novantanove, sorge fuori
della città, come volesse mantenere una distaccata, signorile
neutralità nei confronti dei quattro quarti della città
dell'Aquila. Novantanove cannelle, una per castello, come le
chiese e le piazze che
gli abitanti dei novantanove castelli fondatori si portarono
appresso con le loro tradizioni, la loro storia e i loro
costumi. La leggenda vuole che non si conosca la fonte che
alimenta le acque delle novantanove cannelle: un altro omaggio
alle neutralità in maniera che nessun castello potesse avanzare
privilegi o vantare qualcosa in più degli altri. Attualmente la
grande fontana è racchiusa per tre lati da alte pareti
rivestite a scacchi bianchi e rosa e arricchite, alla base, da
novantanove mascheroni che rappresentano teste virili, muliebri,
frati, cavalli, leoni ecc. Alternati ai mascheroni, ornamenti
floreali alleggeriscono il tutto. In origine la fontana avrebbe
avuto una sola facciata, quella di fondo con il parapetto della
vasca in pilastrini, opera di Tancredi da Pentima che, come
ricorda una lapide, nel « 1272 fecit». Del Quattrocento è,
invece, la parete in marmo bianco e rosa dove è murato lo
stemma cittadino. Il fontanile di sinistra opera di Alessandro
Ciccarone da Preturo, risale al 1582, mentre quello di destra,
nettamente diverso dagli altri due, è stato aggiunto dopo il
terremoto dei 1703, durante i lavori di restauro della fontana,
completati, come testimonia la lapide murata sotto quella
duecentesca, nel 1744. Proprio all'ingresso della fontana, di
fronte, sorge la chiesetta di San Vito con un bel portale
romanico. A via Santa Giusta, a due passi da piazza dei Duo- mo,
palazzo Dragonetti Cappelli con uno dei cortili più belli della
città attribuito a Silvestro dell'Aquila. Il palazzo è
attualmente sede della filiale dell'Aquila della Cassa di
Risparmio. Poco distante palazzo Centi, un altro gioiello sette-
centesco
costruito su progetto di Loreto Cicchi da Pescocostanzo per la
notissima famiglia aquilana; in piego stile barocco, seppure con
elementi tardomanieristici, è arricchito, nella facciata, da un
grosso balcone in stile borrominiano che sovrasta il grandioso
portale. Che cosa dire poi del ri- nascimentale palazzo Franchi
Cappelli in via Sassa con lo splendido cortile al quale si
accede da una deliziosa porta ogivale. Mancano le parole:
bisogna vederla e star lì, immersi nel grande silenzio che
accomuna tutti i cortili aquilani. Santa Giusta va
segnalata per lo splendido rosone tardogotico, caratterizzato da
dodici figure a tutto rilievo, i telamoni, rappresentanti vari
personaggi.
La
facciata a coronamento orizzontale fu eretta nel 1349, il
soffitto in legno dipinto del presbiterio è stato aggiunto nel
Settecento. Nell'abside centrale, un coro in legno in puro stile
gotico. San Silvestro vanta sull'altare in fondo a
sinistra una tela di Raffaello, copia della Visitazione che il
pittore dipinse per il suo amico Branconio. I cieli di affreschi
del Trecento e del Quattrocento che si trovano nell'abside sono
stati recentemente restaurati. La Madonna del Soccorso
presenta una facciata bicroma con marmi bianchi e rosa, eretta
nel 1496 e all'interno, nella cappella di destra, si può vedere
un altare di Andrea dell'Aquila. Molto bello il chiostro
rinascimentale.
San
Pietro di Coppito, del XIII secolo, merita menzione per il
portale fiancheggiato da due leoni; all’interno si trovano
affreschi di scuola toscana coevi alla chiesa. Il duomo, San
Massimo si erge in fondo alla piazza detta appunto piazza
del Duomo. Fondato nel Duecento ma completamente rifatto dopo il
terremoto, fu rimaneggiato nell'Ottocento e nuovamente
ristrutturato dopo l'altro terremoto, quello dei 1915,
che lo aveva seriamente danneggiato. All'intorno, all'incrocio
tra la navata e il transetto, in alto, una tela con una finta
cupola dipinta in prospettiva, opera di Venanzio Mascitelli.
La
chiesa di Sant'Agostino, eretta nel Settecento su disegno
dei Fuga, ha una bella cupola ottagonale e l'interno, a croce
greca, è arricchito da belle tele coeve.
San
Giuseppe è nota per il monumento Camponeschi qui
conservato.
L'opera,
di Gualtiero d'Alemagna, è un pregevole esempio di transizione
tra medioevo e Rinascimento ed è costituita da un'arca
sostenuta da colennette tortili e sovrastata da un'edicola con
la statua equestre di Ludovico Camponeschi.
La
cattedrale di Forcona, o meglio i suoi ruderi, si possono
ammirare in località Bagno. Forcona fu sede di vescovado fino
al 1257, quando Alessandro IV decise di trasferirlo a L'Aquila.
Dell'edificio antico sono rimaste in piedi l'abside della cripta
e il campanile.
Santa
Maria delle Grazie, in località Coppito, consacrata nel
1122 dal vescovo Dodone, conserva di quel periodo parte della
facciata e le absidi. Bello l'architrave della porta laterale,
ricavato, forse, da parte di un ambone del 1100.
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